imageIn questi giorni stiamo assistendo ad una controversia che vede contrapporsi la major Apple alla magistratura americana, in una diatriba che coinvolge il rapporto tra libertà, sicurezza e giustizia. Oggetto del dibattito è l’accesso ai dati contenuti nel melafonino di proprietà dell’autore del massacro di San Bernardino, accesso che sarebbe di importanza determinante ai fini della ricostruzione non solo della dinamica della strage ma anche, evidentemente, della rete di relazioni di cui era parte l’attentatore, fornendo così indicazioni importanti anche a fini preventivi. Dal canto suo, Apple rifiuta di eseguire l’ordine – non tanto per ragioni di tutela della privacy dell’attentatore (tra l’altro deceduto nel conflitto a fuoco con la polizia) – quanto invece per non ingenerare negli utenti sfiducia nella sicurezza dei suoi prodotti, dotati da poco di sistemi di criptazione tali da renderli inaccessibili a terzi: siano essi hacker od organi inquirenti. Il punto è questo: è davvero possibile non riuscire a differenziare la posizione di chi compie un illecito ai danni dell’altrui riservatezza da chi, invece, agisca per accertare reati anche gravissimi? Rendere i nostri telefoni sicuri rispetto ad accessi abusivi implica necessariamente – come farebbe intendere Apple – renderli inaccessibili alla giustizia? Si sta davvero chiedendo – come sostiene Tim Cook – agli stessi ingegneri che hanno progettato queste straordinarie casseforti di scassinarle? O si sta, più semplicemente, chiedendo agli stessi ingegneri di aprirne una, per accertare ragioni e responsabilità di una strage e, possibilmente, prevenirne altre? Entrando nel dettaglio tecnico, la richiesta dell’FBI all’azienda di Cupertino è quella di un “ragionevole sforzo di collaborazione” affinché il dispositivo in loro possesso possa essere avviato con una versione ad hoc del sistema operativo iOS, firmata digitalmente e utilizzabile esclusivamente su quello specifico iPhone senza esservi permanentemente installato, in modo da non pregiudicare l’integrità dei dati oltre che quella del sistema operativo originario. Prescindendo dalle considerazioni personali che stanno dividendo l’opinione pubblica, vogliamo riflettere insieme a tutti voi se davvero non sia possibile immaginare un utilizzo ragionevole (e dunque attento ai diversi attori in gioco) delle tecnologie. Quando si tratta di modulare il rapporto tra libertà e sicurezza non esistono soluzioni facili. Mai come su questo terreno, in cui devono comporsi libertà e sicurezza, diritto e tecnologia, privacy e prevenzione, è necessario rigore nelle scelte e attenzione a tutti i valori in gioco. Perché nessuno di essi può essere ritenuto mai recessivo o, peggio, ostativo agli altri.