1Ore 4 e 57 minuti,  21 luglio 1969: un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità. Lo sbarco sulla Luna, con la missione Apollo 11, portò a termine una delle più grandi ed entusiasmanti avventure della storia umana. Fu Neil Armstrong a scendere dall’Eagle, la celeberrima scaletta del modulo lunare, compiendo il passo che lo rese il primo uomo sul nostro unico satellite naturale. Sono passati 47 anni dalla missione e ancora oggi è affascinante riscoprire quelle tecnologie che ci hanno premesso di mettere piede sul suolo lunare. Alla guida della navicella c’era l’Apollo Guidance Computer, AGC, sviluppato dal MIT e assemblato da Raytheon, che aveva il compito di gestire le operazioni di navigazione, guida e controllo nello spazio. Rispetto agli enormi calcolatori dell’epoca, aveva una taglia ridotta: 61 centimetri di profondità, 32 di larghezza e 17 di altezza, per un peso di 32 kg. Al suo interno ospitava 2800 circuiti integrati, dispositivi allora di recente invenzione: era uno dei primi computer basato su questa tecnologia e il primo “integrato” in assoluto. La memoria di bordo era di 152 kByte complessivi tra ROM e RAM e la frequenza di calcolo da 0,043 a 2 MHz nei vari sottosistemi; valori che oggi sembrano risibili, eppure l’AGC era in grado di coordinare il flusso di dati proveniente dal sistema di navigazione giroscopico, dal telescopio e da due radar, e forniva agli astronauti il controllo sui motori e su tutte le operazioni di bordo. Il computer eseguiva diversi programmi dando loro un ordine di priorità, dai più urgenti a seguire, ed era progettato per non bloccarsi nemmeno nel caso si verificasse un errore. Una delle novità più rilevanti, che avrebbe poi portato conseguenze anche al di fuori del mondo dell’esplorazione spaziale, era costituito dall’interfaccia. I piloti non erano tecnici informatici specializzati, avevano perciò bisogno di poter dialogare con la macchina in modo immediato e comprensibile. Fu così sviluppata un’interfaccia chiamata DSKY (acronimo di “display and keyboard”), la prima del suo genere, composta da una tastiera numerica, da un piccolo display e da vari indicatori luminosi: inserendo delle coppie di semplici codici numerici, gli astronauti indicavano all’AGC quale programma avviare o quale operazione compiere. Era una rivoluzione nel modo di concepire il rapporto fra computer ed esseri umani. Da questa storica data, il programma Apollo fece nascere e morire i tentativi della NASA di allunaggio. Dopo la missione Apollo 17, infatti, nessun uomo ha messo più piede sul terreno lunare. Il 20 luglio 1989, ventennale dello sbarco, il presidente degli USA Bush lanciò un programma che avrebbe avuto come obiettivo la creazione di una base lunare permanente. Per motivi economici e di scarso interesse dell’opinione pubblica, il programma venne abbandonato. Stessa sorte per il programma Constellation, promosso dal figlio di Bush nel 2004, che avrebbe riportato l’uomo sulla luna entro il 2020. Di per sé la tecnologia e la tecnica che sarebbero state utilizzate in caso di attuazione del programma erano pressoché identiche a quelle del programma Apollo. Nel frattempo anche la Cina si è attrezzata e ha raggiunto la luna con un rover spaziale: un piccola macchina comandata a distanza, senza equipaggio ma in grado di scattare foto e raccogliere campioni. A quanto pare, non si ha ancora la data del prossimo allunaggio; non ci resta che sperare nello sbarco sul Pianeta Rosso, Marte.

87070_moonlanding