imageLo smartphone è uno strumento di cui non potremmo quasi fare a meno. Per i migranti, invece, è un mezzo vitale, che li aiuta ad affrontare la traversata che li porterà verso la salvezza. Non è solo un’ondata di migranti, ma una vera e propria Odissea 3.0 quella dei profughi siriani e iracheni che – a migliaia negli ultimi giorni – hanno scelto la rotta balcanica per entrare in Europa. Un esodo che racconta con forza la capacità della tecnologia di cambiare il mondo, anche nei suoi angoli più bui e dolorosi, con le ‘armi’ di gruppi su WhatsApp, chat su Viber, pagine Facebook, percorsi su Google Maps. E in tutto questo è lo smartphone l’ancora di salvezza: sì, perché è grazie alla tecnologia in mobilità che gli spostamenti si fanno più semplici, condividendo le zone franche per riuscire a passare le frontiere e luoghi migliori dove poter soggiornare e i relativi prezzi, lanciando l’allerta in caso di eventuali pericoli. Il tutto per facilitare il passaggio di chi viene dopo e rassicurare con un messaggio chi è rimasto a casa. Ma usare lo smartphone mentre si scappa dalla guerra significa anche uguaglianza, perché con un telefono mobile in mano siamo tutti uguali, tutti simili, tutti in cerca della via di Damasco che porta (si spera) alla salvezza. E allo stesso tempo così diversi perché siamo nati da parti opposte del muro. Durante il viaggio è dai telefoni dei migranti chiusi nelle buste per proteggerli dall’acqua e dalla salsedine che spesso sono partiti i primi Sos. Messaggi disperati che, in alcuni casi, sono stati provvidenziali per salvare migliaia di persone. Lo smartphone diventa, anche qui, un’ancora di salvezza, e se si sopravvive alla traversata, una volta toccata terra lo smartphone diventa fondamentale per proseguire il cammino. Così i telefoni e i loro caricatori sono più importanti anche del cibo: lasciano casa, famiglia e beni nel paese di origine. Lo smartphone, facile da trasportare, è l’unico mezzo che avranno a disposizione se sopravviveranno alla traversata della fortuna. In terra starniera, possono utilizzarlo per capire come muoversi. Inoltre, Infine, non sottovalutiamo la condivisione delle foto sui social network, come Facebook. Noi postiamo scatti con gli amici, utilizziamo Instagram per immortalare il lato migliore della nostra vita. I migranti, invece, pubblicano foto di gruppo, al fianco del compagno di viaggio che insieme a loro ce l’ha fatta. La foto, che farà il giro del web, diventa un invito a combattere: è la testimonianza reale che tutto è possibile, lungo un cammino reso possibile solo dal GPS.