imageNei giorni scorsi la NASA ha annunciato con grande clangore la scoperta di Kepler-452B, un pianeta che sembrerebbe molto simile (addirittura ‘gemello’) alla Terra, avvenuta grazie al telescopio Kepler dell’agenzia spaziale statunitense, un vero cacciatore di esopianeti da 95 centimetri di apertura a bordo. Questo capolavoro di scienza e tecnologia messo a punto dalla Nasa ha già individuato otto nuovi pianeti, al di fuori del nostro Sistema Solare, che orbitano a una distanza tale dalla loro stella da far sì che sulla loro superficie possa esistere acqua allo stato liquido. Ma come fa il super telescopio Kepler a farci conoscere tutte le sue scoperte? Kepler cerca i pianeti con la tecnica dei transiti: quando il pianeta passa davanti al disco della sua stella c’è un calo di luce nella luminosità dell’astro, indizio che un pianeta ha occultato una porzione di stella. Per osservare queste oscillazioni nella luce delle stelle c’è bisogno di precisione assoluta nelle misure sulla luminosità, garantite dalla stabilità del sistema di puntamento. Per ottenere questo è cruciale mantenere stabile l’assetto del telescopio spaziale con strumenti chiamati ruote di reazione. Kepler è, insomma, un telescopio da record, fondamentale per rispondere alla domanda che la NASA (e con essa tutto il mondo) si è sempre posta: c’è vita nell’Universo? La domanda a cui tutti cercano incessantemente risposta fa capolino ad ogni nuova scoperta. Grande è l’attenzione della comunità scientifica al lavoro dei cacciatori di esopianeti, da Kepler a James Webb, grazie al quale, da ottobre 2018 – data di lancio – si potrà vedere se c’è effettivamente una qualche forma di vita aliena sul corpo celeste appena scoperto dagli scienziati statunitensi. Dotato di un campo visivo nell’infrarosso notevolmente superiore a quello del suo predecessore, il nuovo telescopio ci permetterà di saperne di più circa la composizione di Kepler-452B, e, dunque, sulla possibilità che ci sia o meno vita sulla Terra-bis.