Quando si parla di tecnologia vengono in mente tante cose: non solo smartphone e tablet, ma anche servizi e innovazione. E quando ad innovarsi sono i servizi e le modalità di fruizione degli stessi, il punto di scaturigine è uno solo, il lavoro. Un tema come questo, attualmente molto dibattuto, non può non incrociarsi con quello dell’innovazione tecnologica, la quale, inevitabilmente, gioca un ruolo di prim’ordine. Non a caso, il progresso tecnologico, che interessa anche il settori della robotica , è il protagonista indiscusso della crescita economica dell’ultimo decennio, grazie soprattutto alla progressiva adozione delle nuove tecnologie nel mercato del lavoro, più specificamente, in qualunque settore, dal manifatturiero, ai servizi, alle libere professioni, alle attività finanziarie e al dettaglio. Il fatto che i robot, l’automazione e i computer in generale possano rimpiazzare il lavoratore-persona umana, non rappresenta una novità, considerato come gli automi popolino l’immaginario collettivo da tempi non sospetti, ma sembra che il quadro attuale si stia spingendo ben oltre: infatti, il rapido cambiamento tecnologico ha inevitabilmente influenzato il mercato del lavoro, con le aziende che, mantenendosi quanto più possibile al passo con l’innovazione, aumentano la loro produzione, arricchendo, in tal modo, l’intero Paese ed alimentando, così, una maggiore crescita economica, che crea a sua volta nuovo lavoro. Nonostante in questo momento storico l’occupazione umana sia in calo, la produttività aumenta, e mostra come, in questo paradosso, l’innovazione proceda a ritmi serrati, ma allo stesso tempo, l’occupazione sia in caduta libera. Ma ciò accade non tanto a causa dei progressi tecnologici, quanto piuttosto per la nostra incapacità di tenerne il passo e di riuscire a farne un uso corretto. In fondo, la tecnologia, nel settore del lavoro, altro non è che un mezzo per aumentare la produzione, con ciò implementando la stessa quantità di forze di lavoro. Per contro, peró, la tecnologia può risultare utile anche per ridurre il numero di lavoratori impiegati nel settore della produzione. In linea teorica, a ben vedere, la tecnologia non può produrre, di per se stessa, disoccupazione, perché la forza lavoro rimane costante, poichè ciò che si allarga sono i volumi di produzione, i quali, quando non possono più espandersi, usano la tecnologia per ridurre il numero di lavoratori. Sta a noi, dunque, trovare quel giusto mezzo per riuscire a far convivere l’innovazione tecnologica con il progresso dei mercati e del tasso di occupazione. Una soluzione, ad esempio, è data dalla riduzione degli orari di lavoro, che rappresenta un buon compromesso, volto principalmente a eludere il rischio della riduzione della forza lavoro e, pertanto, a serrare la strada a quella che viene definita “disoccupazione tecnologica”. Insomma, se sarà la tecnologia a sostituire la persona nello svolgimento delle sue mansioni, questo dipenderà solo dall’uomo.