Italia-online-520x245Italia: un Paese sopravvissuto alla crisi, pagando come prezzo il malcontento, che sfocia quasi nell’infelicità, dovuta al sempre crescente divario fra ricchi e poveri, ampliando grandemente le disuguaglianze sociali. Un Paese smarrito (un po’ come tutti gli altri Paesi colpiti dalla crisi) che vede le sue migliori energie fuggire all’estero. Così ci vede il Censis, che nel suo Rapporto 2013 indica gli Italiani come un popolo teledipendente e costantemente connesso in Rete, grazie alla larga diffusione di cellulari e smartphone. Non sembra discostarsi il parere reso dall’Istat, il quale assicura che sei famiglie su dieci sono connesse ad internet. Al web sono collegate in totale 15 milioni e 138 mila famiglie, la quasi totalità delle quali dispone di un collegamento a banda larga. Dall’annuario Istat 2013 emerge che il telefono cellulare è il gadget tecnologico più diffuso, è infatti presente nel 93,1% delle famiglie, seguito dal computer (62,8%), lettori dvd-blu ray, macchine fotografiche digitali e a seguire gli altri giocattoli tecnologici. L’evoluzione di Internet ha comportato anche una importante crescita dell’ interazione con gli altri tramite e-mail, messaggi su chat, blog, newsgroup o forum, e un importante incremento è stato rilevato anche per quanto riguarda la presenza sui social network come Facebook, Twitter. Ma quali le conseguenze determinate da queste abitudini? La diffusione dei moderni strumenti tecnologici di comunicazione (telefonino, email, computer portatili) ha modificato sostanzialmente la percezione del tempo e dello spazio di lavoro, indebolendo il concetto stesso di “orario di lavoro”, essendo spesso possibile completare un lavoro da casa, magari in orari inconsueti. Diventa quindi molto labile il confine tra quella presunta libertà e una effettiva “schiavitù”. Il fenomeno è ancora più complesso nei casi in cui il lavoro non viene completato in ufficio perché una fetta importante del tempo è impiegata in utilizzi non produttivi degli stessi strumenti di comunicazione: controllare il social network preferito ogni cinque minuti, restare in collegamento con amici tramite programmi di “instant messaging”, chiacchierare in chat, o semplicemente navigare in rete. In tutti questi casi la tecnologia rappresenta allo stesso momento sia una causa di distrazione e di perdita di tempo, sia la soluzione più ovvia al problema (il lavoro lo completo sul pc di casa e lo invio tramite mail), in un perverso meccanismo che genera confusione. La “reperibilità” ad ogni ora del giorno era un tempo prerogativa di alcuni professionisti, giustificata dalla particolare delicatezza delle funzioni svolte. Oggi questa reperibilità totale è estesa di fatto ad ogni attività lavorativa, proprio grazie agli strumenti moderni di comunicazione, primo fra tutti il telefono cellulare. La telefonata di lavoro in orari poco consoni diventa quindi una pratica sempre più diffusa, come se la facilità di comunicare riuscisse a scalfire e indebolire le buone norme di comportamento e degli spazi riservati alla famiglia e al relax. Questa invasione del lavoro, pur virtuale, determina conseguenze spiacevoli sul piano personale e dei rapporti, generando malumori e nervosismo: il che propone  l’idea del “fare più cose contemporaneamente” con il risultato probabile di “fare più cose, male”. Ne vale la pena?