snapchatNon è mossa da tutti i giorni rifiutare un’offerta da Facebook, soprattutto se da tre miliardi di dollari. Eppure Evan Spiegel, 23enne Ceo e cofondatore di Snapchat, non sembra avere dubbi: non è ancora il momento di vendere la sua popolare app per la chat “effimera”, amatissima dai teenager per il fatto che i messaggi e le immagini scambiati fra gli utenti durano il lasso di pochi secondi, poi scompaiono.Il che non farebbe tanto clamore, se non fosse che l’app è diventata l’epicentro di quel fenomeno noto come sexting, lo scambio di foto intime fra adolescenti che apre non pochi dubbi su privacy e sicurezza (le foto, per esempio, possono essere ora salvate con SnapHack).In ogni caso, se l’operazione fosse andata in porto sarebbe stata la più costosa finalizzata da Menlo Park, ancora più salata del miliardo sborsato lo scorso anno per Instagram. Le ragioni del rifiuto sembrano legate alla volontà di portare Snapchat su livelli ancora più pachidermici degli oltre 350 milioni di messaggi giornalieri, stando ai dati di settembre.In ogni caso, oltre a Facebook – che vede in Snapchat un veicolo per bloccare la lenta ma pericolosa emorragia di adolescenti dalla sua piattaforma – c’è per esempio Tencent Holdings, quelli di WeChat e anche di KaKao, altro servizio simile diffuso in Corea del Sud. D’altronde, pur non generando ancora alcun profitto, è difficile per Spiegel, che ha in mano l’utenza più importante e redditizia del mercato online, incassare valutazioni e offerte inferiori. Insomma, il problema non è tanto tenersi stretta Snapchat, quanto aspettare pazientemente un’offerta ancora più clamorosa, tanto più che il livello di coinvolgimento e la mole di traffico sembrano crescere senza sosta. Appena lo scorso settembre il giovane Ceo ha infatti dichiarato nel corso di un evento che intende doppiare il successo raccolto a Oriente da applicazioni come WeChat. Come? Puntando su entrate di altro tipo che non siano pubblicitarie, proprio come Line e altre: vendendo giochi e servizi virtuali aggiuntivi alla funzione base. Basti pensare agli sticker di Line: adesivi virtuali che valgono 10 milioni di dollari al mese.