La nuova industria cavalca l’onda della cosiddetta “infosfera“: i consumatori, prima di procedere ad un acquisto, fanno ricerche sul web, raccogliendo quante più informazioni possibili direttamente (e comodamente) online. L’infosfera, peraltro, si usa sia via mobile che da postazione fissa, seguendo un massimo comune denominatore: sul web si consulta un motore di ricerca o una piattaforma specializzata e si arriva ai siti dei produttori, che poi servono per avere notizie sui prodotti, per configurare soluzioni a partire da componenti di base, per partecipare a concorsi e ottenere sconti; sul cellulare si confrontano i prezzi con le app specializzate, si guardano le foto dei prodotti, si accolgono le segnalazioni degli amici sui social network. In entrambi i casi, si finisce spesso con l’acquistare direttamente online. Si tratta di comportamenti acquisiti che per la maggior parte della gente non riguardano il futuro, ma il presente. Le aziende (italiane e non) che non si sintonizzano con questo presente, rischiano di perdere occasioni. E altre ne perderanno, probabilmente, se affronteranno con la stessa mentalità l’avvento delle nuove ondate innovative digitali che si annunciano nei prodotti e nei processi produttivi e vanno sotto il nome di “industria 4.0“, una sorta di personalizzazione di massa, che scaturisce dalla quarta rivoluzione industriale. Non esiste ancora una definizione esauriente del fenomeno, ma in estrema sintesi si tende a descriverla come un processo che porterà alla produzione industriale del tutto automatizzata e interconnessa. Secondo un recente rapporto della multinazionale di consulenza McKinsey le nuove tecnologie digitali avranno un impatto profondo nell’ambito di quattro direttrici di sviluppo: la prima riguarda l’utilizzo dei dati, la potenza di calcolo e la connettività, e si declina in big data, open data, Internet of Things, machine-to-machine e cloud computing per la centralizzazione delle informazioni e la loro conservazione. La seconda è quella degli analytics: una volta raccolti i dati, bisogna ricavarne una valore. La terza direttrice di sviluppo è l’interazione tra uomo e macchina, che coinvolge le interfacce “touch”, sempre più diffuse, e la realtà aumentata: per fare un esempio la possibilità di migliorare le proprie prestazioni sul lavoro utilizzando strumenti come i Google Glass. Infine c’è tutto il settore che si occupa del passaggio dal digitale al “reale”, e che comprende la manifattura additiva, la stampa 3D, la robotica, le comunicazioni, le interazioni machine-to-machine e le nuove tecnologie per immagazzinare e utilizzare l’energia in modo mirato, razionalizzando i costi e ottimizzando le prestazioni. Chi non si adegua alle nuove direttrici imposte nel mercato (dal mercato stesso) rimane vittima di una dolorosa selezione – in parte già avvenuta. Ma per le imprese che sono sopravvissute o anche cresciute nel pieno della crisi è tempo che dalla difesa si ritorni all’attacco. Chi la pensa così, oggi, non può non vedere la tecnologia digitale come una componente essenziale di questa strategia.