imageNonostante le stampanti 3D siano ancora poco diffuse, c’è chi già pensa oltre, forse decretando la fine (prematura) di queste, superate da una nuova generazione di superstampanti, chiamata “4D”, che potrebbe rivelarsi una delle tecnologie in grado di cambiare il mondo nei prossimi anni. Di cosa si tratta? Il concetto è relativamente semplice: mentre le stampanti 3D creano, depositando vari strati di materiali, oggetti che possono essere facilmente assemblati dalle mani umane, le stampanti 4D generano oggetti in grado di assemblarsi da soli. Il che spiega la “quarta dimensione” da cui prendono il nome, ovvero il tempo. Ma come funzionano queste stampanti del futuro? Sfruttando le proprietà dei diversi materiali, questi dispositivi creano oggetti che reagiscono a specifiche condizioni dell’ambiente, e assumono da soli configurazioni di volta in volta diverse. Per creare un oggetto in 4D vengono utilizzati materiali che assorbono acqua e che, nel farlo, possono assumere diverse forme. Quindi, ricapitolando: stampa 2D senza volume, stampa 3D con volume. Gli usi che possono farsi degli oggetti che vengono realizzati con le stampanti 3D sono diversi e variegati. Si possono per esempio costruire banali posate di plastica, parti di ingranaggi, modellini per studiare meglio edifici, oppure, come sta avvenendo da circa due anni alla Washington State University, ricreare innesti di ossa e organi artificiali. Insomma, si può fare veramente di tutto – o quasi. Però, come sappiamo, tutti gli elementi che vengono prodotti dalle stampanti 2D e 3D sono accomunati da una caratteristica strutturale: sono statici, ovvero non mutano mai la loro forma, contrariamente all’estrema dinamicità che presentano gli oggetti ricavati dalla stampa 4D. Il potenziale applicativo di questo ritrovato, infatti, può essere davvero sconfinato: Oggetti in grado di assumere autonomamente la loro forma potrebbero essere utilizzate innanzitutto in architettura e in idraulica, per esempio con tubi che si espandono e si contraggono a seconda del volume d’acqua che li attraversa, allo scopo di affrontare condizioni particolari. Una tecnologia, questa, che potrebbe sollevarci dal dover sostituire ogni volta la rete idrica troppo debole di una città, con tubature che si adattano a seconda delle necessità. Sembra poi fantascienza, ma tubi di questo tipo potrebbero veicolare liquidi, invece che per differenza di pressione, come attualmente avviene, con movimenti e contrazioni simili a quelli del nostro esofago. Altri ambiti interessati sono ovviamente la medicina (immaginiamo per esempio una valvola capace di cambiare la sua conformazione in relazione ad alcuni parametri quali temperatura o pressione), ma anche quello civile, ingegneristico e tanti altri. Il lavoro nasce dalla joint venture fra il MIT (Massachusetts Institute of Technology), Stratasys e Autodesk Inc che, in ultima analisi, ha permesso ad un gruppo di scienziati di mostrare come una data struttura apparentemente rigida, possa modificarsi in un’altra attraverso un particolare stimolo. È la geometria è la chiave di volta utilizzata dal team del MIT. La stampante 4D costruisce l’oggetto tenendo conto delle coordinate geometriche immesse che vanno ad esplicitare gli angoli, la direzione, la grandezza e la forma di ogni componente. Fantascienza? un tempo, forse.